Il Silenzio delle Anime Perdute
C’è un silenzio che urla, un’assenza che pesa più di qualsiasi presenza. Auschwitz e Birkenau non sono luoghi, ma abissi, fenditure dell’anima dove il senso stesso dell’umano è stato strappato, frantumato. Camminare in quegli spazi significa incontrare la voce che non c’è più, un’eco smorzata, dispersa nel vento freddo, intrappolata tra le baracche e i fili spinati. Ogni passo è un colpo di martello su un cuore già incrinato, ogni sguardo è un grido muto che attraversa il tempo. I piedi, gelati e pesanti, non sono più semplicemente strumenti di viaggio ma simboli di fatica e sopravvivenza. Ci si trascina su quelle terre impregnate di dolore, dove ogni centimetro racconta di vite spezzate, di sogni mai nati, di dignità calpestate da chi ha scelto di tradire la propria umanità, trasformandosi in qualcosa di peggiore di una bestia.
È un’esperienza che ti toglie la pelle, ti spoglia delle tue sicurezze, ti mette di fronte alla verità cruda: qui, la follia del potere e l’indifferenza hanno trovato il loro apice. Qui, uomini, donne e bambini hanno smesso di sentirsi umani, ridotti a numeri, a corpi, a ombre. Eppure, tra la cenere e il gelo, resta una fiamma, un testimone incorruttibile: la memoria.
Dedico queste parole a chi non si è più sentito umano, a chi ha sofferto, a chi è stato annullato. La loro voce, persa e dispersa, vive in chi ricorda, in chi cammina oggi con piedi liberi ma cuori gravati dal peso della storia. Abbiamo il dovere di non dimenticare, perché in quel ricordo si trova il fragile seme della speranza, un richiamo all’umanità che non deve mai, mai più essere tradita.
Marialaura Fanfulla
LA STUDENTESSA RIVOLGE IL SEGUENTE PENSIERO A CHI IN FUTURO VIVRA’ L’ESPERIENZA DEL TRENO…
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